NEL LETTO DEL VENTO: 5 ago 2013 WebShake – viaggi

lunedì 5 agosto 2013

Cape Town: scoiattoli e scampi all'ombra della Table Mountain

Arrivati a Cape Town, ci fiondiamo giù dall'aereo e recuperiamo il bagaglio.
La giornata è splendida e, nonostante qui sia inverno, c'è un piacevole tepore. Un po' sotto stress per la varie raccomandazioni sulla sicurezza, andiamo a ritirare l'auto al noleggio, guardandoci attorno con aria circospetta, come se qualcuno dovesse saltarci addosso da un momento all'altro, mentre nessuno ci degna della benché minima occhiata.
Usciti dall'aeroporto, lungo l'autostrada, il primo contatto con una realtà molto diversa da quella a cui siamo abituati: per chilometri e chilometri si estende a perdita d'occhi una delle township di Cape Town, una sterminata distesa di baracche di legno col tetto di lamiera, tenute insieme precariamente, circondate da una recinzione metallica. I poveri dentro, i bianchi fuori.
La strada continua verso il centro e ho tutto il tempo per ammirare il fantastico panorama che mi circonda: la Table Mountain incombe sulla città, protettiva e minacciosa al tempo stesso, alla mia destra l'oceano e l'immenso porto commerciale della città, che era nata proprio come base portuale .
Notiamo con un po' di sorpresa, mista ad apprensione, che le case del centro sono praticamente tutte circondate da muri altissimi, spesso con tanto di filo spinato elettrificato in cima. Anche i cartelli "Armed response", affissi alle abitazioni, non contribuiscono a tranquillizzarci.


Ci sistemiamo alla Dunkley House, una raffinata guest-house nel tranquillo quartiere dei Gardens, che prende il nome dai Company Gardens, proprio a due passi dalla nostra sistemazione: curatissimi giardini, frequentati dai turisti, dagli abitanti e da decine di morbidissimi scoiattoli, che mi saltellano intorno o sbocconcellano le coloratissime sterlizie.
Sono un po' provata dal viaggio e, seguendo il consiglio di un amico, faccio tappa al Lord Nelson Hotel, per l'imperdibile tè delle 5.
Da brava italiana, arrivo alle 5 e 20, quando stanno portando via il pantagruelico e sfiziosissimo buffet: tartine al salmone, dolcetti di tutti i tipi, canapè assortiti. Sigh.
Mi accontento (si fa per dire) di un ottimo tè, servito da un cameriere impeccabile con tanto di guanti bianchi, sorseggiato nello splendido salone, dove il tempo sembra essersi fermato in piena epoca coloniale, praticamente sprofondata in una poltrona foderata di cinz a fiori, circondata da quadri ad olio e specchi dalle cornici dorate.
Qui è inverno e alle 6 è già buio. Per cena, cosa c'è di meglio che un piatto di crostacei assortiti e uno splendido vino bianco sudafricano?
Al Beluga gustiamo questa meraviglia in un ambiente trendy ma spigliato, dove la clientela è quasi esclusivamente bianca e dove nessun fa caso a jeans e scarpe da ginnastica. Rilassante.
Per smaltire la cena, niente di meglio che una passeggiata respirando il profumo di salsedine lungo il Waterfront, dove ha sede anche il marina di Cape Town. Il posto è molto turistico: un'accozzaglia di ristoranti acchiappa-polli e di bar, ma finalmente riusciamo a vedere qualche "stecco", che dondola lentamente nell'acqua scura.
Il bicchiere della staffa è un'ottima APA artigianale alla Mitchell's Brewery, prima di andare a nanna. Domani, saltata la salita alla Table Mountain causa manutenzione della funivia, mi aspetta il Capo di Buona Speranza.

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