NEL LETTO DEL VENTO: 6 ago 2013 WebShake – viaggi

martedì 6 agosto 2013

Cape Town - Simon's Town: esplorando Cape of Storms

Twelve Apostoles
A Cape Town piove. 
La Table Mountain è stata inghiottita dalla foschia. 
Dopo una colazione meravigliosa, coronata da due commuoventi uova alla Benedicte, salgo in auto. Direzione Capo di Buona Speranza. 
La strada scende da Lion's Head verso la costa, sotto i Twelve Apostoles, che a tratti fanno capolino dalle nuvole. 
Hout Bay
Imbocco la Chapman's Peak, una spettacolare strada panoramica, sulla scogliera a picco sull'oceano. Le onde ruggiscono alzando montagne di schiuma contro la roccia. 
Noordhoek
Dopo aver superato Hout Bay, battezzo uno per uno tutti i punti panoramici lungo la strada, che termina a Noordhoek, minuscola cittadina affacciata su una lunghissima spiaggia sabbiosa, su cui si affacciano curiose casette dai tetti di paglia.
Passo accanto ad un allevamento di struzzi ed entro nel Parco Nazionale di Cape Good Hope che fa parte del Table Mountain National Park.
Cape Of Good Hope NP - Fynbos
Il paesaggio è lunare: a destra della strada colline coperte di fynbos, mentre a sinistra, la costa precipita nell'oceano in scogliere a strapiombo alte un centinaio di metri. Nel mezzo del nulla, spuntano due mastodontiche croci di pietra bianca, intitolate a Vasco De Gama e Bartolomeo Diaz, i primi europei a raggiungere il Capo. Fu proprio Diaz a battezzarlo Cabo das Tormentas (Capo delle tempeste). 

Cape Point: il faro
Ci volle invece un politico, il re Giovanni II del Portogallo, per negare la sua natura tempestosa e ribattezzarlo Cabo da Boa Esperança: speranza di guadagnare una marea di soldi dalla nuova rotta commerciale con le Indie.
La penisola termina con un doppio capo: Cape Point, dove si trova il faro e, appunto, Cape of Good Hope. Insieme a decine di turisti, affronto la salita verso la cima di Cape Point, che col suo faro segnala alle navi l'esistenza degli scogli assassini in agguato sotto l'acqua. 
Dall'alto la vista è mozzafiato: si vede il nuovo faro, decine di metri più in basso, aggrappato alle rocce, sferzato da venti impetuosi e ondate mastodontiche. 
Dopo un breve tragitto, finalmente ecco il Capo di Buona Speranza: in silenzio, ascolto l'urlo del vento e il ruggito delle onde, mentre i giapponesi si immortalano a vicenda in pose improbabili. 
Sono nell'avamposto prima dell'immensità liquida dell'oceano, che qui si manifesta in tutta la sua maestosità indomita. 
Non posso che cercare di immaginare le sofferenze e le tribolazioni degli equipaggi dei velieri che cercarono, nei secoli passati, di doppiare il Capo, spesso pagando con la vita la loro temerarietà. 
Cape of Good Hope - Capo di Buona Speranza
Questo luogo ha da sempre preteso un tributo di sangue ai marinai, infatti la costa è disseminata dai decine di relitti, più o meno famosi. Vado a caccia proprio di uno di questi, che dovrebbe essere ancora visibile su una spiaggia, alla fine di una strada solitaria, dove le mille sfumature del fynbos - dal verde al ruggine, dal marrone al dorato - contrastano col cobalto dell'oceano. 
Non riesco a trovare la nave, ma il fallimento è compensato dall'incontro con alcuni bontebok, una famiglia di babbuini e uno struzzo solitario che si gode la passeggiata al tramonto.

La gita mi ha fatto venir sete: birra in piccolo pub a Simon's Town, piccola cittadina famosa per i pinguini e per la sede principale della Royal Navy. Qui bianchi e neri sono seduti separati, non da barriere o cartelli ma dalla diffidenza reciproca. 
Dopo le emozioni di questa lunga giornata, mi sistemo al Simonsview, una guesthouse molto carina in cima alla collina, e mi addormento ascoltando il rumore della pioggia.


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