NEL LETTO DEL VENTO: Ouessant: l'isola dei fari e delle tempeste WebShake – viaggi

lunedì 7 settembre 2015

Ouessant: l'isola dei fari e delle tempeste

Il faro di Kéréon spunta dalla nebbia
Dopo aver letto "Cacciatori di Tempeste" per me Ouessant è entrata di prepotenza nella top ten dei posti che dovevo assolutamente visitare in barca .

Purtroppo, lo scorso anno, i tentativi di approccio a vela all'isola sono stati frustrati da un meteo contrario, così quest'anno, pur di metter piede in questo affascinante angolo di Bretagna, mi sono rassegnata a prendere il traghetto.

Finalmente sono qui, dopo l'imbarco a Le Conquet, sotto un cielo grigio ed una pioggia battente, a guardare fuori dall'oblò.


La magia di Ouessant

Mentre la nave si avvicina velocemente a destinazione, mi rendo conto che quella che vedo emergere piano piano dalla nebbia all'orizzonte non è soltanto un'isola.

E' un incantesimo che tiene sospeso questo piccolo pezzo di terra roccioso fra il mare e il cielo, in balia di correnti spaventose, di tempeste apocalittiche (dantesque, come dicono i francesi).
E' un grosso scoglio in mezzo all'oceano, l'ultimo avamposto francese prima dell'immensità dell'Atlantico.

Lentamente Ouessant emerge dalla nebbia


Da lontano, la prima cosa che vedo sono i fari, le sentinelle di Ouessant: il faro di Kéréon, che sorveglia la parte sud-est, all'ingresso del Fromveur (una spaventosa corrente, che può raggiungere la velocità di 16 km/h), il faro dello Stiff, che si erge sul promontorio sopra il porto da cui partono e arrivano i traghetti e, in lontananza, avvolto dalle nebbie, il faro de La Jument, immortalato da Plisson nelle sue celebri fotografie.

Vicino allo Stiff, svetta la torre radar dell'isola, che sorveglia il traffico marittimo di questa zona che è una delle più trafficate al mondo ed anche una delle più pericolose.

L'isola delle tempeste e dei naufragi

Quella di Ouessant è anche una storia di naufragi, di morti e di salvataggi avventurosi. 

E' la storia di  uomini e donne coraggiosi che hanno messo a repentaglio la loro vita per salvare quella di chi stava perdendo la sua in mezzo alle onde.

Come quella di Rose Heré, una piccola donna ouessantina che, all'inizio del Novecento, da sola, sentendo le grida dei naufraghi della Vesper, sfracellata contro gli scogli, si era buttata fra le onde con una corda, salvando così la vita a centinaia di persone. Fino ad arrivare alle grandi storie dei Sauveteurs en Mer e della Abeille Flandre.

Allo stesso tempo, Ouessant è stato anche un laboratorio di innovazioni tecnologiche legate alla sicurezza in mare.
Nel corso degli anni sono stati studiati vari sistemi, alcuni davvero curiosi, per segnalare la presenza dell'isola nei periodi dell'anno in cui è frequentemente avvolta delle nebbie.


Il faro di Créac'h
Passeggiando vicino al faro di Créac'h ci siamo imbattuti nei resti di un mulino che avrebbe dovuto azionare dei corni di nebbia potentissimi, tramite un argano mosso da cavalli. Il sistema fu però abbandonato perchè sull'isola non era possibile reperire animali adatti allo scopo, visto che quelli presenti a Ouessant erano di taglia troppo piccola. 

Vicino al Museé des Phares et balises, troverete anche i resti della prima (e unica) campana sottomarina.
All'inizio del Novecento, un ingegnere francese aveva avuto una bella pensata: visto che il suono si propaga più velocemente sott'acqua che nell'aria, allora costruiamo un dispositivo che invii un segnale sottomarino in grado di essere captato dai microfoni sulle navi. 
La campana fu effettivamente realizzata a Ouessant, ma fu presto abbandonata per il numero troppo esiguo di imbarcazioni che avevano un apparato in grado di captare il segnale sottomarino.

Oggi, grazie al GPS, i sistemi di segnalazione hanno subito una grande rivoluzione e non è più necessario cercare nuovi (e fantasiosi) sistemi.

Pointe de Perne e i fari de La Jument e di Nividic

Point de Perne: paesaggi lunari
La parte dell'isola più scenografica per chi ama i fari è sicuramente quella a sud-ovest: la pointe de Perne


Noi ci arriviamo con le nostre mountain-bike rosse affittate a Lampaul
E' una strada quasi tutta asfaltata che taglia attraverso campi verdi, che vengono soppiantati da una vegetazione bassa di felci ed erica, mano a meno che ci si avvicina alla scogliera.

Point de Perne: rocce ed erica colorata
Pedaliamo in un saliscendi fra enormi massi erosi dal vento e screziati dall'ocra dei licheni, che spuntano come funghi dalla terra di torba scura, colorata dal viola dei fiori. 
Qua e là piccoli greggi di minuscole pecore nere e candide, pascolano sotto lo sguardo attento dei gabbiani.

Dopo una mezz'oretta abbondante di pedalata col vento a favore arriviamo alla nostra destinazione. 
Oggi il mare è calmo, ma anche così lo spettacolo è maestoso e terrificante: davanti a noi una serie di rocce nere emergono dal mare, come gli enormi denti di un gigantesco mostro marino, pronto a fare a pezzi qualsiasi cosa si avvicini. Vicino a queste rocce, svetta, altissimo il faro di Nividic.






Il faro di Nividic


Sulla scogliera, abbarbicato in cima ad una roccia, proprio vicino ai resti dei piloni della teleferica (una volta usata per trasportare al faro i materiali per il suo funzionamento) scorgiamo la sagoma di un turista avventuroso (e un po' incosciente). 
Sembra minuscolo in questo paesaggio in cui la natura si mostra in tutta la sua potenza.

Point de Perne: scenari mozzafiato



Dall'estremità del promontorio, guardando verso sud-est è possibile vedere il faro della La Jument, che si erge possente nei suoi 47 metri di altezza.
  
Dal vivo è impressionante la sensazione di isolamento che comunica: un'unica torre che emerge dai flutti e che fronteggia, da sola, tutta la violenza dell'oceano, delle onde che le si scagliano addosso dopo aver terminato la loro corsa attraverso l'Atlantico.
Non per niente era considerato dai guardiani dei fari un enfer (un inferno) e, nonostante ciò, è stato automatizzato soltanto nel 1991.

Il faro di Créac'h e il Museé des Phares et des balises

Risaliamo in sella è puntiamo dritti verso uno dei paradis dei faristi (visto che si trova a terra): il faro di Créac'h, immenso sopra un piccolo promontorio che domina la costa occidentale dell'isola.
La lanterna emette un fascio di luce visibile a oltre 32 miglia e di notte, camminando per l'isola e persino all'interno della nostra camera, continuiamo a vedere questo dito luminoso che illumina le tenebre.
L'interno del faro purtroppo non è visitabile, ma nell'edificio adiacente è situato il Museé des Phares et balises (museo dei fari e dei segnali).

Il Museé des Phares et balises

Passeggiando in mezzo a enormi ottiche Frehel e ai modellini dei più importanti fari francesi, scopriamo la vita e le difficoltà dei costruttori e dei guardiani dei fari.
Una vita che, per un certo senso, assomiglia a quella dei marinai: turni di guardia, problemi coi rifornimenti, isolamento a causa delle tempeste.

Ouessant: scogliere selvagge

La vita del guardiano del faro

Vivere in un faro, perennemente alle prese con i capricci dell'oceano è come navigare su una barca che deve fare i conti con le condizioni del mare e del vento.
Il faro de La Jument
Un lavoro duro e logorante, spesso molto diverso da quello romantico che noi, gente di terra, siamo portati ad immaginare. Perchè vivere in un faro abbarbicato su un minuscolo scoglio battuto dalle tempeste è un'avventura che a volte può costare la vita.

Cerco di immaginare cosa significasse dover restare isolati anche quattro mesi, senza vedere anima viva, senza rifornimenti, dovendo fare i conti con la fame e la sete, al gelo, martoriati dall'umidità, costretti a portare in cima la fare le taniche di carburante per alimentare la lanterna, sentendo intorno soltanto l'ululato della tempesta che avrebbe potuto spazzare via tutto, faro compreso, nel giro di poche ore.

E' una vita quasi monacale, che soltanto i più motivati (spesso provenienti dai ranghi della marina) riuscivano a sopportare per lungo tempo.

Non a caso tutti i fari bretoni sono stati automatizzati non appena la tecnologia l'ha reso possibile.

Arrivederci Ouessant

Si è fatto tardi e dobbiamo tornare al porto di Stiff per riprendere il traghetto, ma non prima di aver dato almeno uno sguardo al mulino a vento di Karaes, l'ultimo rimasto delle centinaia che una volta presenti a Ouessant.
Il mulino di Karaes e il faro di Créac'h

Gaufre e sidro: che delizia!
Il tragitto di ritorno, pedalando col vento al traverso, si rivela più duro del previsto, specialmente nelle lunghe salite.
Dopo quasi un'ora di sofferenze (che ci confermano che il ciclismo non sia assolutamente il nostro sport), arriviamo a destinazione.
Riconsegniamo con sollievo le nostre bici rosse e, per premiarci, ordiniamo un meraviglioso gaufre col caramello al burro salato ed una tazza di sidro ad un bar a pochi passi dall'attracco del traghetto.

Saliti a bordo, seguiamo le manovre della nave che lentamente lascia la banchina.

Mentre facciamo rotta verso sud e la terraferma, tengo gli occhi sul faro di Stiff e sulle scogliere a strapiombo sull'oceano.
La scia bianca si allunga dietro di noi e sento crescere un senso di profonda nostalgia, per quest'isola aspra e selvatica, per la luce rassicurante dei suoi fari e per le sue minuscole pecore nere.

Le piccolissime pecore di Ouessant


Il faro di Stiff
Mi dicono si chiami mal di Bretagna e, come il mal d'Africa, è un morbo assolutamente incurabile, ma i cui effetti possono essere mitigati da frequenti soggiorni in questo paese meraviglioso.

Informazioni utili per visitare l'isola

Per arrivare a Ouessant potete prendere i traghetti che partono giornalmente dal porto di Le Conquet, a circa 20 kilometri da Brest. Ci sono due compagnie che effettuano il tragitto: Penn Ar Bed e la Finist'mer. I biglietti sono prenotabili direttamente on-line.
Al porto di Stiff potete prendere una navetta (2 Euro) per arrivare al centro di Lampaul o noleggiare una bicicletta. Se non siete dei ciclisti sfegatati vi consiglio di noleggiare direttamente a Lampaul, perchè la strada per arrivarci dal porto è MOLTO in salita...

Sull'isola ci sono molti B&B molto carini. Noi siamo stati all' Ar Keo (Le Keo), veramente delizioso. La padrona di casa, Sylvie, è un'artista molto interessante e le stanze sono arredate in modo impeccabile. La sala delle colazioni, tutta rivestita in legno e con un magnifico lucernario, poi è meravigliosa!

Per mangiare, a Lampaul vi consiglio il pub Le Ty Corn (che serve anche piatti tipici) o il Fromveur (se volete assaggiare del buon pesce).

Il Museé des Phares et balises è aperto tutto l'anno. Potete trovare orari e tariffe sul sito del museo.

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